RESTAX DONNA PLUS E
ALOPECIA FEMMINILE IN POST-MENOPAUSA

Dr. Paolo Gigli

Medico specialista in Dermatologia e Venereologia

Professore a contratto in Scienze Tricologiche Mediche e Chirurgiche presso

l’Università degli Studi di Firenze

Socio fondatore della Società Italiana di Tricologia

Vice direttore Scientifico del Giornale Italiano di Tricologia

Come si presenta clinicamente la donna con l’alopecia femminile in post-menopausa e quale via metabolica dovrebbe essere percorsa per un corretto approccio terapeutico?
Le Alopecie femminili post-menopausali
sono abitualmente delle forme che hanno alla base una carenza di estrogeni.
Fondamentalmente, la donna in menopausa ha bisogno di estrogeni, che sono un buon nutriente per capelli, e questa carenza causa delle problematiche a livello del follicolo sotto forma di assottigliamento e riduzione della durata della fase Anagen, ovvero il processo iniziale durante il quale cresce il pelo. 

Questo comporta un graduale e progressivo assottigliamento e diradamento dei capelli. Il pattern caratteristico del diradamento che si riscontra nelle donne in menopausa è stato descritto originariamente da Ludwig, difatti è
stato denominato Pattern Ludwig: inizia con un diradamento che parte dalla zona centrale della testa. L’attaccatura dei capelli è tipicamente rispettata, è integra, lo svuotamento è centrale e tende progressivamente dalla zona centrale a diffondersi in maniera centrifuga verso la periferia. Esistono delle varianti di questo diradamento, in cui è prevalentemente più interessata la zona frontale, che vengono chiamate anche Alopecie “ad albero di Natale” in quanto il diradamento ha la base sulla fronte, l’apice verso il vertex e quindi il diradamento assume una forma che ricorda quella triangolare; tuttavia, queste sono varianti dovute ad influenze chimiche.

Tipicamente la donna in menopausa che perde i capelli per l’alopecia femminile post-menopausale presenta questo svuotamento che inizia al centro della testa e si propaga verso la periferia. Di solito l’attaccatura rimane integra e c'è anche un motivo per cui l’attaccatura viene meno intaccata rispetto al resto: i follicoli dell’attaccatura nelle donne sono molto ricchi dell’enzima aromatasi, di cui parleremo in seguito, che converte gli ormoni maschili, androgeni, in estrogeni e quindi questi follicoli della zona frontale sono protetti e non subiscono l’effetto dell’alopecia femminile.

La via metabolica che chiaramente prevale in questi casi è quella degli estrogeni: c’è una carenza di estrogeni che va in qualche modo praticamente a ridurre la durata della fase Anagen, il capello progressivamente si assottiglia, si miniaturizza. Sembra chiaro che gli androgeni in questo tipo di Alopecie abbiano un ruolo piuttosto marginale in quanto le donne ne hanno pochissimi circolanti e in questo caso è più il calo degli estrogeni a causare il problema piuttosto che l’incremento degli androgeni. Le Alopecie femminili dovute all’incremento degli androgeni sono molto rare, il più delle volte dovute a problematiche completamente differenti, spesso a causa di patologie varie che producono un incremento degli androgeni tra cui: l’ovaio policistico in età fertile oppure, molto più raramente, tumori e neoplasie che producono androgeni; ma si tratta di casi abbastanza rari e che fra l’altro hanno una modalità di presentazione clinica completamente differente da quella appena descritta poiché si manifestano come delle Alopecie maschili, con arretramento dell’attaccatura e svuotamento del vertex.

 

Tra i vari fitoestrogeni conosciuti con effetti benefici conosciamo il luppolo e gli isoflavoni di Kudzu: di cui ci può dare qualche informazione riguardo?

Esistono moltissimi tipi di isoflavoni in giro per il mondo poiché numerosissime sono le piante che li contengono. È chiaro che le aziende che producono integratori e fitocomplessi cercano di utilizzare quelli che hanno degli attivi particolarmente efficaci, con limitati effetti collaterali; solitamente vengono utilizzati i classici isoflavoni di soia che sono quelli conosciuti ormai da tanti anni, nonostante col passare del tempo si siano trovate altre fonti naturali di fitoestrogeni tra cui il luppolo e anche il kudzu. Sono particolarmente interessanti perché il luppolo, che poi è quello che tutti conosciamo come l’essenza della birra, contiene moltissimi fitoestrogeni. Ovviamente è bene specificare che la birra in sé non possa essere fautrice degli effetti qui descritti, perché in questo caso entra in gioco la tecnologia con cui i fitocomplessi sono prodotti, dato che il produttore deve titolare i suoi prodotti, deve  fare in modo che questi fitocomplessi abbiano delle titolazioni elevate.

Il luppolo è molto importante perché contiene una sostanza che si chiama “hopeina”, che è molto ricca di fitoestrogeni, una sostanza molto potente. I fitoestrogeni che sono contenuti sono molto più potenti della genisteina e della daidzeina, quindi si potrebbe dire che abbiano “una marcia in più” rispetto agli isoflavoni di soia. Questo conferisce al luppolo una forte capacità di apportare effetti simil-estrogenici, sia pure in maniera naturale. Bisogna anche considerare che il luppolo, sempre per questo suo contenuto di fitoestrogeni, ha degli effetti molto incisivi sul sistema nervoso centrale come stabilizzatore dell’umore, andando aridurre l’irritabilità, l’ansia e anche le insonnie.

Sono tutta una serie di meccanismi che possono essere utili nel trattamento Alopecie post-menopausali, perché le donne in
menopausa soffrono a volte di disturbi psichici che possono essere correlati alla carenza di estrogeni. Quindi il luppolo è
sicuramente una fonte interessante di fitoestrogeni, sempre che naturalmente chi lo utilizza lo riesca a titolare e ottenere delle percentuali di fitoestrogeni accettabili, e soprattutto standardizzate, ripetibili, perché la qualità di un prodotto erboristico sta proprio in questo: nella titolazione e standardizzazione dei fitocomplessi. Se uno estrae unicamente le materie prime senza un criterio, i prodotti possono avere un’efficacia assolutamente non riproducibile nel tempo, quindi è molto importante che ci sia alla base standardizzazione e titolazione degli attivi. 

Il Kudzu è una pianta cinese ricca di una molecola che si chiama Pueraria, che poi da il nome alla pianta stessa. Anche questo è ricco in fitoestrogeni, genisteina e daidzeina min particolare, e anche questa pianta ne fornisce un tenore elevato e contemporaneamente ha degli effetti sul sistema nervoso centrale. In particolar modo, i fitoestrogeni contenuti nella pianta si
comportano come adattogeni e tendono a stabilizzare i livelli di serotonina e dopamina, generando effetti positivi sull’umore.

Con questo “boost” di estrogeni andiamo da un lato a gestire la carenza di dei medesimi, importante per i capelli, e dall’altra parte abbiamo un effetto di stabilizzazione dell’umore grazie all’attività che questi estrogeni hanno sul sistema nervoso centrale.

 

Quanto ritiene fondamentale la standardizzazione farmaceutica?
La standardizzazione farmaceutica è basilare e fondamentale. Quando si somministrano i cosiddetti integratori, si utilizza un termine limitativo. Un termine burocratico che il ministero della salute ci impone per identificare questo tipo di preparati. Alla fine, con la standardizzazione e titolazione che si riesce a ottenere dai fitocomplessi, questi sono dei preparati che hanno attività intensa, e quindi vanno gestiti all’incirca come un farmaco o in maniera molto simile. Sono prodotti che devono somministrare i medici, non sono prodotti adatti all’auto-somministrazione. 

 

L’Agnocasto appartiene, invece, alla categoria dei fitoprogestinici: dal punto di vista metabolico come si comporta?
L’agnocasto
si comporta come un progestinico, dal momento che non è un estrogeno; agisce in maniera diversa. Si può dire che abbia dei campi d’applicazione differenti: ha delle azioni diverse sul follicolo pilifero che sono non ormonali, ma aumenta l’espressione delle Beta-Catenine Wnt (che agiscono a livello di protezione del citoscheletro e giunture cellulari) e riduce la liberazione di un fattore di crescita inibitorio che si chiama TKK 1 che a sua volta inibisce
l’attività del follicolo. Da un lato questo meccanismo induce l’Anagen, cioè facilita l’attività dei cheratinociti, e dall’altro lato l’attività simil-progestinica dell’agnocasto blocca la CoA Reduttasi e quindi blocca la conversione in testosterone, ma va anche a stimolare l’aromatasi. Sostanzialmente, permette la conversione di androgeni in estrogeni e va in qualche modo a riallacciarsi alla via degli estrogeni.

Un paragone un po’ forzato: quando noi abbiamo in mano un attivo come l’agnocasto, progestinico, ed abbiamo in mano dei fitoestrogeni, noi possiamo ricreare una sorta di “estroprogestinico naturale” dalla loro unione, per utilizzare un neologismo omnicomprensivo. In altre parole, ricreiamo la cosiddetta “pillola” in cui da un lato abbiamo il progestinico e dall’altro l’estrogeno, entrambi naturali. A volte capita che in menopausa alle donne vengano somministrate delle pillole: molte assumono il contraccettivo orale perché hanno dei sintomi di menopausa che non accettano. Queste sostanze potrebbero arrivare ad avere un effetto similare a quello di una pillola, che rimane comunque molto più efficace, però hanno una loro logica perché sono un progestinico. Chiaramente l’agnocasto deve essere usato con criterio: dosaggio giusto, non va usato in donne che assumono contraccettivi orali, non va usato in donne che assumono psicofarmaci, non va usato in gravidanza. Si tratta di qualcosa che deve manipolare il medico o una persona che conosca l’azione del principio attivo che, pur essendo naturale, ha un effetto abbastanza incisivo e preciso sul metabolismo ed a livello endocrino.

Per quanto riguarda i tumori, invece, come ci si deve comportare?
Il discorso è il medesimo: non si possono somministrare fitoestrogeni ad una persona che abbia avuto una neoplasia estrogeno- sensibile, nella fattispecie una donna che ha avuto un carcinoma mammario estrogeno- sensibile o che ha dei fibromi uterini grandi che sanguinano. Tuttavia, qui entra in gioco il medico: non è una tipologia di prodotti che va usata alla leggera, ma in maniera mirata perché, pur essendo dei fitocomplessi, hanno una loro azione mirata e incisiva. Se ci sono delle patologie estrogeno-dipendenti il fitoestrogeno non va assolutamente usato.

In una terapia combinata con isoflavoni di Kudzu, luppolo, agnocasto: l’aggiunta di Resveratrolo che vantaggio conferisce a questa formulazione?
Anni fa è stato condotto uno studio in cui era stato affermato che nel trattamento di Alopecia androgenetica – o comunque Alopecie su base ormonale, denominate FEPHL, – bisogna sempre tenere in considerazione il fatto che si parte da una base ormonale. Da un lato quando andiamo a trattare un processo di questo tipo dobbiamo agire in tre direzioni:

1. Attivare la fase Anagen
2. Bloccare alcuni ormoni
3. Ridurre l’infiammazione

 

Perché ridurre l’infiammazione? 
Perché è il minimo comune denominatore dei processi: quando si fa una terapia contro l’alopecia di questo tipo c’è sempre un’infiammazione di mezzo, quindi va combattuta. L’infiammazione induce fibrosi, può portare a progressiva cheratopatia del follicolo ed un’altra serie di problemi. Il Resveratrolo esercita un’azione antiossidante ed antinfiammatoria: il suo uso è sicuramente desiderabile nel contesto di una cura di un’alopecia di questo tipo. Si punta sulla sua azione antinfiammatoria: non si parla di meccanismi d’azione ormonali o sui cheratinociti per indurre l’Anagen, si va semplicemente a ridurre l’infiammazione. Solitamente questa viene trattata con butirrato in lozione, ma qui si parla di terapie naturali, con estratti vegetali, e quindi il resveratrolo esercita un’azione che può essere considerata molto simile. 

Il Piper Nigrum, la Biotina e l’Acido Nicotinico che ruolo hanno in una formulazione del genere?
Il Piper Nigrum stimola un’azione antiandrogena e facilita l’assorbimento di oligoelementi e di minerali. E questo è un altro punto importante dell’economia di queste cure, perché molte volte nella patogenesi di questo tipo di problematiche intervengono come fattori delle carenze di determinati elementi, quali: ferro, vitamina B12, acido folico, vitamina D. Il Piper Nigrum è una sostanza che facilita l’assorbimento di queste sostanze e ci aiuta in questa direzione. 

La Biotina, dall’altro lato, è una vitamina essenziale che non viene prodotta dall’organismo e si può assumere solo tramite l’alimentazione. Che effetti ha? Ha principalmente un effetto seboregolatore e viene usata in questo senso, ma la sua carenza quello che ci interessa: quando c’è una carenza di biotina i capelli cadono e si assottigliano. È una vitamina considerabile essenziale per la salute dei capelli. Non dimentichiamoci che la Biotina è un coenzima di numerosissime reazioni che avvengono a livello del follicolo e la sua presenza è assolutamente determinante. 

L’Acido Nicotinico, dal canto suo, è sempre una vitamina che agisce più che altro dal punto di vista vascolare, ovvero facilita la perfusione e la vascolarizzazione del follicolo, considerabili fattori estremamente importanti nell’economia di questa cura.

A questo punto abbiamo abbracciato a trecentosessanta gradi tutti quelli che possono essere i fattori che intervengono nella patogenesi di un processo di alopecia femminile in post-menopausa. Abbiamo parlato della fase Anagen e dei suoi attivatori, abbiamo parlato degli ormoni, degli antinfiammatori ed ora parliamo di quelle sostanze che possono migliorare la perfusione del follicolo: non ci dimentichiamo che, per via dell’infiammazione, a volte succede che il follicolo subisca fenomeni di fibrosi e ialinizzazione, e questo può portare a dei difetti di vascolarizzazione, per cui andare ad implementare la vascolarizzazione è sicuramente – a livello terapeutico – desiderabile.

Per concludere: la terapia per l’alopecia femminile post-menopausa quanto dovrebbe durare?
Esiste una risposta ma potrebbe essere meno ottimistica di quanto ci si aspetti: finché si vorrà avere capelli. Tutto ciò per dire che le terapie possono protrarsi per tempi lunghi ed ovviamente sta al medico progettare una prima fase di attacco e poi mantenimento per garantire il risultato. La terapia medica di un’alopecia garantisce il mantenimento di un crine folto per più tempo di quanto la natura non abbia sicuramente previsto per il soggetto in questione. Sembra ovvio che naturalmente la terapia vada portata avanti per molto perché non possiamo modificare geni e cromosomi, ma abbiamo la possibilità di andare a smussare o modificare delle situazioni che la genetica ci impone.